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venerdì 30 marzo 2018

"Signum Communionis Paschalis": una breve storia


I cinque precetti generali della Chiesa sono leggi morali positive obbligatorie per i fedeli della Chiesa cattolica. A differenza dei dieci Comandamenti non derivano dalla Sacra Scrittura, ma appartengono alla tradizione cattolica e sono promulgati dall'autorità ecclesiastica.
Tutti i cinque precetti sono contenuti nel Codice di Diritto Canonico, ed in versione semplificata sono:

  1. «Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimanere liberi da lavori e da attività che potrebbero impedire la santificazione di tali giorni.»
  2. «Confessare i propri peccati almeno una volta all'anno.»
  3. «Ricevere il sacramento dell'eucaristia almeno a Pasqua.»
  4. «Astenersi dal mangiare carne e osservare il digiuno nei giorni stabiliti dalla Chiesa.»
  5. «Sovvenire alle necessità materiali della Chiesa stessa, secondo le proprie possibilità.»

Per secolo, quindi, la confessione e la comunione annuale sono stati una pratica obbligatoria, ed il non osservarne l'obbligo comportava serie conseguenze.
I tentativi di controllare quanti fedeli effettivamente ricevessero la Sacra Eucarestia erano molteplici.
Nel XVIII Secolo iniziarono a diffondersi dei foglietti attestanti appunto di aver assolto all'obbligo del precetto.
Queste ricevute di confessione ( e di successiva Eucarestia) venivano chiamati Signum Communionis Paschalis”.
Riportavano in latino l'anno, il luogo ed il sacerdote che aveva impartito il sacramento della Confessione. Il fedele era tenuto a conservalo gelosamente.
Ai tempi dell'Imperatrice Maria Teresa, ad esempio, erano i portieri dei palazzi a dover controllare tali attestati di confessione per stabilire se tutti nella casa avessero adempiuto all'obbligo pasquale.
Se si voleva essere un cittadino per bene si doveva anche esser un cristiano integerrimo.
Inoltre tali attestati erano necessari per poter ricevere un funerale religioso in chiesa.
Nello Stato Pontificio, tutti coloro che avevano incarichi di qualsivoglia tipo presso l'amministrazione pontificia dovevano assolutamente esibire il Signum ai propri superiori. In caso contrario non potevano più svolgere il loro lavoro.
Da sottolineare che tali foglietti non sono considerati alla stregua dei santini veri e propri.



Verso la fine dell'Ottocento, essi iniziarono ad essere illustrati con figure e vi si aggiunsero preghiere o citazioni dai testi sacri. Ciò fu reso possibile dall'impiego della tecnica della cromolitografia che diede la possibilità di stampare a basso costo ed in larghi quantitativi.
Le ricevute di confessione, quindi, iniziarono a far parte dei santini veri e propri e ad essere conservati inseriti tra le pagine dei messali.
Dal punto di vista iconografico su di essi vengono raffigurate, per la maggior parte, scene eucaristiche o Gesù risorto.




Spesso, le grandi case stampatrici di santini, utilizzavano la stessa matrice che veniva poi personalizzata con il luogo, la parrocchia, l'anno ed il nome del sacerdote celebrante.
Non è quindi infrequente trovare soggetti simili che si ripetono a distanza di anni o lo stesso soggetto utilizzato per lo stesso anno ma in parrocchie differenti.





Non mancano tuttavia esempi differenti come ad esempio quello della Pasqua del 1905 a Trento. Su di esso vi è raffigurato San Vigilio, patrono della città di cui si ricordava, in quell'anno il XV centenario del martirio.




Anche quello della Pasqua 1941 celebrata nel Duomo di Bolzano è inconsueto. Raffigura Santa Maria purissima; probabilmente un segno di speranza e di pace per i fedeli.




Molto particolari sono invece i santini di comunione pasquale celebrati presso i battaglioni al fronte.
A titolo di esempio si riporta il santino della comunione pasquale del 1945 (circa 20 giorni prima dell'armistizio del 25 aprile) della Divisione Monterosa, Battaglione Brescia. La peculiarità è che, in un certo modo, tramite la preghiera scritta sul retro, il cappellano militare esalta ed “assolve” i militari in armi. Quasi un controsenso con la festa pasquale.




L'usanza di lasciare un ricordo della Comunione Pasquale al fedele è sopravvissuto, seppur in misura minore, fino ai giorni nostri.




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