Martino
di Tours, nacque a Sabaria in Pannonia, nell'odierna Ungheria nel 316 o nel 317 . Il padre era un tribuno dell'Impero Romano. Ancora bambino
si trasferì coi genitori a Pavia, dove suo padre aveva ricevuto un
podere in quanto ormai veterano, e in quella città trascorse
l'infanzia.
Benché
la sua famiglia fosse pagana, egli diventò cristiano
anche se non si fece battezzare fino all'età adulta.
Nel
331 un editto imperiale obbligò tutti i figli di veterani ad
arruolarsi nell'esercito romano.
Il
giovane Martino fu reclutato nelle Scholae imperiali ed
inviato in Gallia, presso la città di Amiens, dove trascorse la
maggior parte della sua vita da soldato.
Faceva parte, all'interno
della guardia imperiale, di truppe non combattenti che garantivano
l'ordine pubblico, la protezione della posta imperiale, il
trasferimento dei prigionieri o la sicurezza di personaggi
importanti.
Proprio
nella città di Amiens nell'odierna Francia avvenne l'episodio
più ricordato della vita del Santo: la condivisione del suo
mantello con un povero.
Nel
rigido inverno del 335 Martino incontrò un mendicante seminudo.
Vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare (la
clamide bianca della guardia imperiale) e lo condivise con il
mendicante. La notte seguente gli apparve in sogno Gesù rivestito
della metà del suo mantello militare. Quando Martino si risvegliò
il suo mantello era tornato miracolosamente integro.
Il
mantello miracoloso venne conservato come reliquia ed entrò a far
parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi.
Il
termine latino che indicava il mantello corto, cappella,
venne, così, esteso alle persone incaricate di conservare il
mantello di San Martino (i cappellani, appunto) e da questi venne
applicato all'oratorio reale chiamato cappella.
Secondo
le tradizioni il sogno segnò profondamente Martino, che si fece
battezzare ed abbracciò completamente la vita cristiana.
Terminato
il periodo obbligatorio di servizio militare, a circa 40 anni lasciò
l’esercito e si recò a Poitiers dal Vescovo Ilario.
L'ex
soldato si impegno nella lotta all'eresia ariana (che era stata
condannata dal Concilio di Nicea nel 325) e per questo venne
perseguitato e scacciato sia dalla Francia, sia da Milano,dove si era
rifugiato, poiché in tali luoghi vi erano stati eletti vescovi
ariani.
Nel
357 Martino si trova in Liguria e
precisamente sull'Isola Gallinara di fronte ad Albenga (SV) dove
trascorre 4 anni come eremita.
Tornato
a Poitiers ,nel 361 il Vescovo gli concesse di ritirarsi in un eremo
a 8 chilometri dalla città, a Ligugé.
Nel
371 gli elettori riuniti a Tours lo eleggono Vescovo. A questo evento
è legato il tradizionale cibo nordico della festa
di San Martino, cioè l'oca. Secondo la leggenda, infatti,
Martino era assai restio ad assumere tale carica e, pertanto, si
nascose in una stalla con le oche. Le bestiole, però, fecero rumore,
rivelando così il nascondiglio alle presone che lo stavano cercando.
Martino,
comunque, assolse le funzioni episcopali con autorità e prestigio,
senza però abbandonare le scelte monacali. Continuò a vivere come
un eremita a tre chilometri dalla città. In questo ritiro, venne ben
presto raggiunto da numerosi seguaci. Si creò, così, un monastero,
denominato in latino Maius monasterium (monastero grande), in
seguito noto come Marmoutier, di cui egli divenne abate e in
cui impose una regola di povertà, di evangelizzazione e di
preghiera.
Se
da un lato Martino rifiutò il lusso e l’apparato di un dignitario
della Chiesa, dall’altra non trascurò le sue funzioni episcopali.
A Tours respinse sempre le visite di carattere mondano, ma, allo
stesso tempo, si occupò dei prigionieri, dei condannati a morte, dei
malati e dei morti, che guarì e, si dice, resuscitò. La leggenda
tramanda che perfino i fenomeni naturali gli obbedivano.
Marmoutier,
al termine del suo episcopato, conta 80 monaci, costituendo la prima
comunità monastica in terra francese.
Il
vescovo Martino morì l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove
si era recato per mettere pace fra il clero locale.
I
funerali si celebrarono a Tours 3 giorni dopo, l'11 novembre,
e proprio tale data venne scelta come festa del Santo.
Divenne
ben presto una festa straordinaria in tutto l'Occidente, grazie alla
popolare fama di santità del vescovo e al numero notevole di
cristiani che portavano il nome di Martino.
Martino
è uno fra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa e
divenne il santo francese per eccellenza.
In
Italia il culto del Santo è legato alla cosiddetta “estate di
San Martino”, cioè un paio di giorni di tempo mite e
soleggiato che si manifesta, in senso meteorologico, all'inizio di
novembre e dà luogo ad alcune tradizionali feste popolari.
Una
vecchia usanza prevedeva,infatti, che tutti, compresi i bambini,
mangiassero le castagne e bevessero vino. Secondo alcuni storici
questi festeggiamenti derivavano da una festa latina della durata di
un mese che iniziava il 24 novembre (festa di Brumalia), e che
venne, in seguito, rinominata dai cristiani Martinalia in onore
appunto di San Martino ( vedi il libro “Storia di Vari costumi
sacri e profani dagli Antichi fino a noi pervenuti” Padre
Michelangelo Carmeli,1750).
La
leggenda tramanda che la breve interruzione della morsa del freddo,
si ripeta ogni anno per commemorare il gesto magnanimo e generoso del
santo quando divise il suo mantello con il povero mendicante.
Il
giorno dell’11 novembre coincideva inoltre con la fine delle
celebrazioni del Capodanno dei Celti, il “Samuin”, che si
svolgevano proprio nei primi dieci giorni del mese: il retaggio di
questa festa pagana era ancora presente nell’Alto Medioevo, e la
Chiesa sovrappose il culto cristiano del santo più amato dell’epoca
alle tradizioni celtiche. Molte usanze di ascendenza precristiana
sopravvissero così nel corso dei secoli, confluendo nelle
celebrazioni di san Martino.
La
festa di San Martino era una delle più importanti feste dell’anno,
una sorta di capodanno contadino nel corso del quale si mangiava e
beveva in abbondanza. Anticamente infatti il periodo di penitenza e
digiuno che precede il Natale cominciava il 12 novembre e prendeva il
nome di Quaresima di san Martino.
A
incoraggiare il momento di baldoria era anche la conclusione delle
attività agricole legate all’inizio dell’autunno, nonché il
clima più mite che solitamente caratterizza queste giornate. In
questo periodo inoltre occorreva finire il vino vecchio per pulire le
botti e lasciarle pronte per la nuova annata, e al contempo si
iniziava a bere il vino novello. L’atmosfera era simile a quella di
un giovedì grasso, come ci testimonia il dipinto di Pieter Bruegel
il Vecchio dal titolo Il vino di San Martino: il popolo in
festa si precipita a tracannare il vino nuovo, mentre sulla destra
vediamo il santo a cavallo.
Nel
veneziano l'11 novembre è usanza preparare il dolce di San
Martino, un biscotto dolce di pasta frolla con la forma del Santo
con la spada a cavallo, decorato con glassa di albume e zucchero
ricoperta di confetti e caramelle.
A
Palermo si preparano i biscotti di San Martino abbagnati
nn'o muscatu (inzuppati nel vino moscato di Pantelleria), a forma
di pagnottella rotonda grande come un'arancia e con l'aggiunta
nell'impasto di semi d'anice (o finocchio selvatico) che conferisce
loro un sapore e un profumo particolare.
In
molte regioni d'Italia l'11 novembre è simbolicamente associato
alla maturazione del vino nuovo (si ricordi il proverbio "A
San Martino ogni mosto diventa vino") e questo diventava
un'occasione di ritrovo e festeggiamenti.
Nel
nord Italia, specialmente nelle aree agricole, fino a non molti anni
fa tutti i contratti (di lavoro ma anche di affitto,
mezzadria, ecc) avevano inizio e, conseguentemente anche fine l'11
novembre, data scelta proprio in quanto i lavori nei campi erano
già terminati senza però che fosse già arrivato il clima rigido
dell'inverno. Per questo, scaduti i contratti, chi aveva una casa in
uso la doveva lasciare libera proprio l'11 novembre e non era
inusuale, in quei giorni, imbattersi in carri strapieni di ogni
masserizia che si spostavano da un podere all'altro, facendo "San
Martino", nome con cui popolarmente si indicava tale trasloco.
Ancora
oggi in molti dialetti e modi di dire del nord "fare San
Martino" mantiene il significato di traslocare.
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