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domenica 12 novembre 2017

San Martino: tra leggenda e tradizioni popolari

Martino di Tours, nacque a Sabaria in Pannonia, nell'odierna Ungheria nel 316 o nel 317 . Il padre era un tribuno dell'Impero Romano. Ancora bambino si trasferì coi genitori a Pavia, dove suo padre aveva ricevuto un podere in quanto ormai veterano, e in quella città trascorse l'infanzia.
Benché la sua famiglia fosse pagana, egli diventò cristiano anche se non si fece battezzare fino all'età adulta.
Nel 331 un editto imperiale obbligò tutti i figli di veterani ad arruolarsi nell'esercito romano.
Il giovane Martino fu reclutato nelle Scholae imperiali ed inviato in Gallia, presso la città di Amiens, dove trascorse la maggior parte della sua vita da soldato. 
Faceva parte, all'interno della guardia imperiale, di truppe non combattenti che garantivano l'ordine pubblico, la protezione della posta imperiale, il trasferimento dei prigionieri o la sicurezza di personaggi importanti.
Proprio nella città di Amiens nell'odierna Francia avvenne l'episodio più ricordato della vita del Santo: la condivisione del suo mantello con un povero.

Nel rigido inverno del 335 Martino incontrò un mendicante seminudo. Vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare (la clamide bianca della guardia imperiale) e lo condivise con il mendicante. La notte seguente gli apparve in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello militare. Quando Martino si risvegliò il suo mantello era tornato miracolosamente integro.



Il mantello miracoloso venne conservato come reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi.
Il termine latino che indicava il mantello corto, cappella, venne, così, esteso alle persone incaricate di conservare il mantello di San Martino (i cappellani, appunto) e da questi venne applicato all'oratorio reale chiamato cappella.
Secondo le tradizioni il sogno segnò profondamente Martino, che si fece battezzare ed abbracciò completamente la vita cristiana.
Terminato il periodo obbligatorio di servizio militare, a circa 40 anni lasciò l’esercito e si recò a Poitiers dal Vescovo Ilario.
L'ex soldato si impegno nella lotta all'eresia ariana (che era stata condannata dal Concilio di Nicea nel 325) e per questo venne perseguitato e scacciato sia dalla Francia, sia da Milano,dove si era rifugiato, poiché in tali luoghi vi erano stati eletti vescovi ariani.
Nel 357 Martino si trova in Liguria e precisamente sull'Isola Gallinara di fronte ad Albenga (SV) dove trascorre 4 anni come eremita.
Tornato a Poitiers ,nel 361 il Vescovo gli concesse di ritirarsi in un eremo a 8 chilometri dalla città, a Ligugé.
Nel 371 gli elettori riuniti a Tours lo eleggono Vescovo. A questo evento è legato il tradizionale cibo nordico della festa di San Martino, cioè l'oca. Secondo la leggenda, infatti, Martino era assai restio ad assumere tale carica e, pertanto, si nascose in una stalla con le oche. Le bestiole, però, fecero rumore, rivelando così il nascondiglio alle presone che lo stavano cercando.



Martino, comunque, assolse le funzioni episcopali con autorità e prestigio, senza però abbandonare le scelte monacali. Continuò a vivere come un eremita a tre chilometri dalla città. In questo ritiro, venne ben presto raggiunto da numerosi seguaci. Si creò, così, un monastero, denominato in latino Maius monasterium (monastero grande), in seguito noto come Marmoutier, di cui egli divenne abate e in cui impose una regola di povertà, di evangelizzazione e di preghiera.



Se da un lato Martino rifiutò il lusso e l’apparato di un dignitario della Chiesa, dall’altra non trascurò le sue funzioni episcopali. A Tours respinse sempre le visite di carattere mondano, ma, allo stesso tempo, si occupò dei prigionieri, dei condannati a morte, dei malati e dei morti, che guarì e, si dice, resuscitò. La leggenda tramanda che perfino i fenomeni naturali gli obbedivano.
Marmoutier, al termine del suo episcopato, conta 80 monaci, costituendo la prima comunità monastica in terra francese.
Il vescovo Martino morì l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, dove si era recato per mettere pace fra il clero locale.
I funerali si celebrarono a Tours 3 giorni dopo, l'11 novembre, e proprio tale data venne scelta come festa del Santo.
Divenne ben presto una festa straordinaria in tutto l'Occidente, grazie alla popolare fama di santità del vescovo e al numero notevole di cristiani che portavano il nome di Martino.

Martino è uno fra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa e divenne il santo francese per eccellenza.

In Italia il culto del Santo è legato alla cosiddetta “estate di San Martino”, cioè un paio di giorni di tempo mite e soleggiato che si manifesta, in senso meteorologico, all'inizio di novembre e dà luogo ad alcune tradizionali feste popolari.
Una vecchia usanza prevedeva,infatti, che tutti, compresi i bambini, mangiassero le castagne e bevessero vino. Secondo alcuni storici questi festeggiamenti derivavano da una festa latina della durata di un mese che iniziava il 24 novembre (festa di Brumalia), e che venne, in seguito, rinominata dai cristiani Martinalia in onore appunto di San Martino ( vedi il libro “Storia di Vari costumi sacri e profani dagli Antichi fino a noi pervenuti” Padre Michelangelo Carmeli,1750).
La leggenda tramanda che la breve interruzione della morsa del freddo, si ripeta ogni anno per commemorare il gesto magnanimo e generoso del santo quando divise il suo mantello con il povero mendicante.



Il giorno dell’11 novembre coincideva inoltre con la fine delle celebrazioni del Capodanno dei Celti, il “Samuin”, che si svolgevano proprio nei primi dieci giorni del mese: il retaggio di questa festa pagana era ancora presente nell’Alto Medioevo, e la Chiesa sovrappose il culto cristiano del santo più amato dell’epoca alle tradizioni celtiche. Molte usanze di ascendenza precristiana sopravvissero così nel corso dei secoli, confluendo nelle celebrazioni di san Martino.
La festa di San Martino era una delle più importanti feste dell’anno, una sorta di capodanno contadino nel corso del quale si mangiava e beveva in abbondanza. Anticamente infatti il periodo di penitenza e digiuno che precede il Natale cominciava il 12 novembre e prendeva il nome di Quaresima di san Martino.
A incoraggiare il momento di baldoria era anche la conclusione delle attività agricole legate all’inizio dell’autunno, nonché il clima più mite che solitamente caratterizza queste giornate. In questo periodo inoltre occorreva finire il vino vecchio per pulire le botti e lasciarle pronte per la nuova annata, e al contempo si iniziava a bere il vino novello. L’atmosfera era simile a quella di un giovedì grasso, come ci testimonia il dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio dal titolo Il vino di San Martino: il popolo in festa si precipita a tracannare il vino nuovo, mentre sulla destra vediamo il santo a cavallo.



Nel veneziano l'11 novembre è usanza preparare il dolce di San Martino, un biscotto dolce di pasta frolla con la forma del Santo con la spada a cavallo, decorato con glassa di albume e zucchero ricoperta di confetti e caramelle.



A Palermo si preparano i biscotti di San Martino abbagnati nn'o muscatu (inzuppati nel vino moscato di Pantelleria), a forma di pagnottella rotonda grande come un'arancia e con l'aggiunta nell'impasto di semi d'anice (o finocchio selvatico) che conferisce loro un sapore e un profumo particolare.




In molte regioni d'Italia l'11 novembre è simbolicamente associato alla maturazione del vino nuovo (si ricordi il proverbio "A San Martino ogni mosto diventa vino") e questo diventava un'occasione di ritrovo e festeggiamenti.
Nel nord Italia, specialmente nelle aree agricole, fino a non molti anni fa tutti i contratti (di lavoro ma anche di affitto, mezzadria, ecc) avevano inizio e, conseguentemente anche fine l'11 novembre, data scelta proprio in quanto i lavori nei campi erano già terminati senza però che fosse già arrivato il clima rigido dell'inverno. Per questo, scaduti i contratti, chi aveva una casa in uso la doveva lasciare libera proprio l'11 novembre e non era inusuale, in quei giorni, imbattersi in carri strapieni di ogni masserizia che si spostavano da un podere all'altro, facendo "San Martino", nome con cui popolarmente si indicava tale trasloco.
Ancora oggi in molti dialetti e modi di dire del nord "fare San Martino" mantiene il significato di traslocare.



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