A
Genova, tra i vicoli, c'è una chiesa davvero molto interessante: la
chiesa di San Donato.
Oltre
all'esterno con il campanile ottagonale e al suo interno in stile
romanico puro, vi sono conservati alcuni gioielli artistici che
meritano di essere conosciuti.
Nella
chiesa si trova, infatti, un dipinto ad opera di Barnaba da Modena
intitolato “Madonna che allatta”.
Barnaba
Agocchiari, detto Barnaba da Modena (Modena, 1328 circa – 1386
circa), è stato un pittore italiano.
Egli
fu attivo soprattutto in Liguria, in Piemonte e a Pisa a metà del
XIV secolo.
Barnaba
venne citato per una sua opera già nel 1361 a Genova e tre anni dopo
fu impegnato negli affreschi della cappella del Palazzo Ducale,
mentre nel 1370 produsse un'ancona per la Loggia dei Mercanti e la
Crocifissione che ora è conservata presso il Museo civico Amedeo Lia
di La Spezia.
Dopo
un periodo di soggiorno piemontese, il pittore venne invitato a Pisa
dalla Fabbrica del Duomo per la decorazione del Camposanto. Nella
città toscana sono rimaste due Madonne di Barnaba.
A
Genova, presso la chiesa di S. Agostino, inoltre, è visibile il suo
Giudizio finale.
Il
suo gusto pittorico, partendo dalla vivace scuola emiliana, subì
influenze di tipo bizantineggiante e qualche spunto gotico che
avvicinarono l'artista alla scuola senese.
La
particolarità del dipinto conservato in San Donato, non risiede
tanto nell'artista in sé, quanto nella tematica stessa.
La
Madonna del Latte (Madonna lactans o Virgo Lactans),
è un'iconografia paleo – cristiana.
La
Vergine è rappresentata a seno scoperto, colta nell'atto di
allattare il figlio.
L'iconografia
è risalente all'Antico Egitto, epoca in cui erano diffusissime le
immagini della dea Iside intenta ad allattare il figlio Horus e il
cui culto durerà ancora a lungo intrecciandosi con il Cristianesimo.
Addirittura molte statue di Iside furono ribattezzate o venerate come
Madonne originali.
Dall'Egitto
copto ebbero poi ampia diffusione presso le chiese orientali
nell'arte bizantina, con nome greco di Galaktotrophousa, e, nei
secoli successivi, anche nell'Occidente.
Tale
tipologia di Madonne del Latte divenne molto popolare nella
scuola pittorica toscana e nel Nord Europa a partire dal Trecento.
Dal
XII secolo l’Europa,infatti, fu invasa da un’ondata di
devozione verso la Madonna. Tanti monasteri furono posti sotto la
protezione di Maria, e tante chiese vennero a Lei consacrate. La
Vergine cominciò a campeggiare in ogni ambiente della Chiesa, dalla
facciata esterna all’abside, per evidenziare soprattutto i toni
della tenerezza materna
Pero,
il Concilio di Trento, iniziato nel 1543, con il decreto: "De
invocatione, veneratione, et reliquiis sanctorum et sacris
imaginibus" definì la posizione della Chiesa riguardo alle
iconografie devozionali.
Tra
gli scopi di questo decreto vi era il voler evitare immagini di
natura sensuale o percepite come tali dalla morale dell'epoca. La
Riforma cattolica tridentina annoverò tra queste immagini
sconvenienti, che si riteneva potessero fuorviare il fedele, le
rappresentazioni di Maria a seno scoperto poiché accusate di
distogliere i fedeli dalla preghiera.
Fu
demandato ai vescovi il compito di valutare le varie rappresentazioni
e di decidere se queste dovessero essere ritoccate, oppure rimosse.
In molti casi si decise di coprire tali immagini con ritocchi.
Mentre
l'iconografia della "Madonna del Latte" decadeva, per
contro la venerazione popolare delle antiche immagini continuò,
legata, soprattutto al desiderio di maternità delle fedeli.
L'atto
del nutrimento di Gesù, infatti, rappresenta sia la vera maternità
di Maria che la vera natura umana del Cristo.
Fortunatamente,
ancora oggi i santini ed i dipinti conservati nelle chiese ci
permettono di ricostruire questa storia di censura e di devozione
popolare.
Molto
particolare la coincidenza che nella stessa chiesa sia venerata sia
la “Madonna che allatta” sia “Nostra Signora della Terza età”…
m questa è tutta un'altra storia
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