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giovedì 8 giugno 2017

La Madonna che allatta: rappresentazioni iconografiche ante Concilio di Trento

A Genova, tra i vicoli, c'è una chiesa davvero molto interessante: la chiesa di San Donato.
Oltre all'esterno con il campanile ottagonale e al suo interno in stile romanico puro, vi sono conservati alcuni gioielli artistici che meritano di essere conosciuti.



Nella chiesa si trova, infatti, un dipinto ad opera di Barnaba da Modena intitolato “Madonna che allatta”.

Barnaba Agocchiari, detto Barnaba da Modena (Modena, 1328 circa – 1386 circa), è stato un pittore italiano.
Egli fu attivo soprattutto in Liguria, in Piemonte e a Pisa a metà del XIV secolo.
Barnaba venne citato per una sua opera già nel 1361 a Genova e tre anni dopo fu impegnato negli affreschi della cappella del Palazzo Ducale, mentre nel 1370 produsse un'ancona per la Loggia dei Mercanti e la Crocifissione che ora è conservata presso il Museo civico Amedeo Lia di La Spezia.
Dopo un periodo di soggiorno piemontese, il pittore venne invitato a Pisa dalla Fabbrica del Duomo per la decorazione del Camposanto. Nella città toscana sono rimaste due Madonne di Barnaba.
A Genova, presso la chiesa di S. Agostino, inoltre, è visibile il suo Giudizio finale.
Il suo gusto pittorico, partendo dalla vivace scuola emiliana, subì influenze di tipo bizantineggiante e qualche spunto gotico che avvicinarono l'artista alla scuola senese.

La particolarità del dipinto conservato in San Donato, non risiede tanto nell'artista in sé, quanto nella tematica stessa.



La Madonna del Latte (Madonna lactans o Virgo Lactans), è un'iconografia paleo – cristiana.
La Vergine è rappresentata a seno scoperto, colta nell'atto di allattare il figlio.
L'iconografia è risalente all'Antico Egitto, epoca in cui erano diffusissime le immagini della dea Iside intenta ad allattare il figlio Horus e il cui culto durerà ancora a lungo intrecciandosi con il Cristianesimo. Addirittura molte statue di Iside furono ribattezzate o venerate come Madonne originali.
Dall'Egitto copto ebbero poi ampia diffusione presso le chiese orientali nell'arte bizantina, con nome greco di Galaktotrophousa, e, nei secoli successivi, anche nell'Occidente.
Tale tipologia di Madonne del Latte divenne molto popolare nella scuola pittorica toscana e nel Nord Europa a partire dal Trecento.
Dal XII secolo l’Europa,infatti, fu invasa da un’ondata di devozione verso la Madonna. Tanti monasteri furono posti sotto la protezione di Maria, e tante chiese vennero a Lei consacrate. La Vergine cominciò a campeggiare in ogni ambiente della Chiesa, dalla facciata esterna all’abside, per evidenziare soprattutto i toni della tenerezza materna
Pero, il Concilio di Trento, iniziato nel 1543, con il decreto: "De invocatione, veneratione, et reliquiis sanctorum et sacris imaginibus" definì la posizione della Chiesa riguardo alle iconografie devozionali.

Tra gli scopi di questo decreto vi era il voler evitare immagini di natura sensuale o percepite come tali dalla morale dell'epoca. La Riforma cattolica tridentina annoverò tra queste immagini sconvenienti, che si riteneva potessero fuorviare il fedele, le rappresentazioni di Maria a seno scoperto poiché accusate di distogliere i fedeli dalla preghiera.
Fu demandato ai vescovi il compito di valutare le varie rappresentazioni e di decidere se queste dovessero essere ritoccate, oppure rimosse. In molti casi si decise di coprire tali immagini con ritocchi.

Mentre l'iconografia della "Madonna del Latte" decadeva, per contro la venerazione popolare delle antiche immagini continuò, legata, soprattutto al desiderio di maternità delle fedeli.
L'atto del nutrimento di Gesù, infatti, rappresenta sia la vera maternità di Maria che la vera natura umana del Cristo.

Fortunatamente, ancora oggi i santini ed i dipinti conservati nelle chiese ci permettono di ricostruire questa storia di censura e di devozione popolare.



Molto particolare la coincidenza che nella stessa chiesa sia venerata sia la “Madonna che allatta” sia “Nostra Signora della Terza età”… m questa è tutta un'altra storia



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