Nei
giorni scorsi al Teatro Politeama Genovese era in cartellone lo
spettacolo “La scuola” di Domenico Starnone, successo teatrale di
Silvio Orlando datato 1992.
A
distanza di 25 anni l'attore ha riportato sulle scene lo stesso
copione teatrale sempre per la regia di Daniele Lucchetti.
Il
cast, oltre al già citato Silvio Orlando nel ruolo del professore di
lettere Cozzolino, comprendeva anche Vittoria Belvedere (la prof.
Baccalauro di ragioneria), Vittorio Ciorcalo (Don Mattozzi
insegnante di religione), Roberto Citran (il preside), Roberto Nobile
(il prof. Mortillaro di francese), Antonio Petrocelli (il prof.
Cirrotta di impiantistica) e Maria Laura Rondanini (la prof. Alinovi
di storia dell'arte).
Essendo
un insegnante, come potevo non andare a vedere lo spettacolo?
E'
l'ultimo giorno di scuola ed è tempo di scrutini per la IV D.
La
scena si svolge interamente nella palestra della scuola, diventata da
mesi sala professori “temporanea” perché la vera sala professori
è inagibile a causa di dubbie infiltrazioni di colore giallastro.
Sul palcoscenico si alternano i vari docenti, e dalle loro
discussioni inizia a trapelare e a dipanarsi tutto l'anno scolastico
appena trascorso fatto di gite (rectius viaggi d'istruzione),
interrogazioni, compiti in classe ed ore di lezione.
I
ragazzi non sono presenti fisicamente in scena ma ne sono i
protagonisti assoluti, rivivendo nei discorsi dei professori,
indecisi tra un 5 e mezzo ed un 6 meno meno.
Man
mano che lo spettacolo prosegue emergono anche le storie personali
dei docenti, le loro invidie, i loro tic e le loro manie. Se da una
parte c'è il prof. Cozzolino che vuole a tutti i costi salvare “gli
ultimi”, perché altrimenti la scuola italiana “funziona solo con
chi non ne ha bisogno”, la maggior parte del consiglio di classe ha
tutt'altro per la testa. Il professor Cirrotta, ad esempio è un
ingegnere che ha un doppio lavoro (al pomeriggio dirige i cantieri
della sua ditta di impiantistica), donnaiolo impenitente con colleghe
ed alunne e probabilmente anche un po' assenteista ma è protetto dal
preside a cui ha ristrutturato il bagno in casa; l’insegnante di
religione manifesta una scarsa igiene personale e sentimenti non
propriamente volti ad aiutare il prossimo; il professor Mortillaro,
deluso ed ormai prossimo alla pensione, vorrebbe una scuola più
seria, in cui si premia chi si impegna davvero e si puniscono gli
scansafatiche, anche perché “la maggior parte dei suoi alunni sono
nati per zappare la terra”, la professoressa di Storia dell’Arte
pensa soprattutto alla sua Fondazione extrascolastica e non intende
certo imparare a memoria i nomi di tutti i ragazzi (“con 10 classi
come faccio a ricordarmeli tutti?”).
Solo
la professoressa di Ragioneria sembra un pochettino più in linea con
il professore di Lettere, ed infatti il suo segreto di Pulcinella è
un mezzo flirt proprio con il medesimo.
Su
tutti dovrebbe mantenere l'ordine un preside che ignora che le
Metamorfosi di Ovidio non siano un film e che afferma di affrontare
le questioni “in totem”.
La
trama scorre veloce e fa davvero divertire ed allo stesso tempo
riflettere. I dialoghi brillanti, egregiamente interpretati da un
ottimo cast, reggono l'intero impianto drammaturgico della pièce. I
vari personaggi incarnano il declino e lo sfascio di un'Italia che
non crede più nel ruolo guida dei docenti, ed i docenti stessi sono
proprio i primi ad arrendersi a questo.
Dal
punto di vista di un insegnante “La scuola” è uno spettacolo
leggero ma la tempo stesso alquanto veritiero ed a tratti grottesco.
Epica
è la scena in cui viene ricordata la gita d'istruzione a Verona in
cui le marachelle e gli escamotage dei ragazzi per eludere la nemmeno
tanto stretta sorveglianza dei docenti raggiunge livelli da manuale.
Si va, infatti, da giri in moto nel piazzale dell'autogrill in
compagnia di individui non proprio raccomandabili, a lanci di cibarie
varie sul pullman, da passeggiate sul soffitto dell'albergo a scelte
di seguire altre gite perché “c'è una ragazzina più carina”.
Memorabile è la replica del professore di lettere al Dirigente
scolastico: “ Lei, Preside, se ne sta tranquillo nel suo ufficio,
non sa che cosa è una gita scolastica! Alla fine della giornata io
non mi ricordo più nemmeno il mio indirizzo!”.
Nel
risentire oggi questo testo, si nota come sia ancora d'attualità e
si capisce anche che su temi quali il ruolo degli insegnanti, il
saper valutare, il saper accettare le sconfitte come le vittorie, il
nostro paese è rimasto proprio agli anni ’90, se non peggiorato.
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