Fino al 4 giugno 2017 la città di Piacenza ospita una mostra
monografica dedicata al pittore
romagnolo Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino.
Il Guercino è un pittore barocco nato a Cento (FE) nel 1591 e morto
a Bologna nel 1666. Fin da giovane, oltre ad una spiccata
predilezione per il disegno, mostrò problemi alla vista che gli
valsero, appunto, il soprannome di Guercino.
Tale difetto fece, però, in un certo senso, la fortuna artistica del
pittore dal momento che, quasi sicuramente, questa menomazione
influenzò la visione soggettiva che l'autore aveva della luce e dei
corpi nello spazio.
Lo stile pittorico del Guercino si distinse fin da subito dallo Stile
Barocco allora in voga che tendeva ad abbellire nelle forme e nei
colori il soggetto ripreso. Il pittore, infatti, preferì dipingere
in maniera più realista, utilizzando una forte luce che cadeva
dall'alto ed impiegò in modo sorprendente gli effetti del
chiaroscuro.
La mostra, dal titolo Guercino tra sacro e profano,
allestita nella Cappella Ducale di Palazzo Farnese, si
concentra su alcuni capolavori del pittore di Cento, in modo da
ricostruire la parabola artistica che lo ha portato a diventare uno
dei maggiori artisti del Seicento italiano.
La rassegna presenta una selezione di 20 opere - in prevalenza pale
da altare, ma con anche una significativa rappresentanza di quadri
“da stanza” a soggetto profano – che consente di fare un
excursus completo dell'opera dell'artista. Il percorso
espositivo illustra le sue prime esperienze pittoriche a Cento, paese
natale, svolte nel segno di una romantica adesione al linguaggio di
Ludovico Carracci e, indaga la sua maturazione artistica a seguito
dei soggiorni, prima a Bologna e poi a Roma.
Molto piacevole ammirare il dipinto “Et in arcadia ego”
(1618) in cui le luci e le ombre sottolineano in modo mirabile la
profonda riflessione sulla morte e sulla caducità delle cose
terrene.
Anche ne “I santi Bernardino da Siena e Francesco d’Assisi con
la Madonna di Loreto” la luce è la parte più importante del
quadro e restituisce un effetto temporalesco come mai era successo
prima nella storia dell'arte.
Come già accennato, nella mostra sono presenti anche soggetti più
profani come ad esempio il sublime “ La morte di
Cleopatra” in cui la regina più che agonizzante sembra
abbandonata ad un piacevole sonno.
Da segnalare che, inoltre, a Piacenza il Guercino ha compiuto
un'opera monumentale, completando gli affreschi della cupola
del Duomo (1626), lasciati incompiuti dal Morazzone.
A tal proposito, da segnalare l'inconsueta iniziativa di poter
ammirare da vicino questi affreschi compiendo la salita alla cupola
del Duomo (da prenotare prima).
Solo una breve digressione personale: mi è già capitato di provare
ad osservare da vicino affreschi delle cupole, nella fattispecie
quelli del Correggio presso la Cattedrale di Parma nella mostra a lui
dedicata alcuni anni or sono. Credo che simili opere d'arte siano
state concepite dall'autore proprio per essere ammirate a diverse
decine di metri di distanza; da vicino, talvolta, appaiono sgraziate e
sproporzionate. Conseguentemente, senza nulla sottrarre
all'iniziativa lodevole, io non mi sento di consigliare appieno una
simile visione. Preferisco restare ad ammirarle dal basso, volgendo
la testa verso l'alto e stupendomi della meravigliosa proporzione tra
le figure.
La città di Piacenza, inoltre, merita anche una visita più
approfondita del suo centro storico, con il Palazzo Gotico (unico
in tutta Italia) e Piazza dei Cavalli, la Chiesa di
Sant'Antonino (mirabile il campanile ottagonale), nonché la
Chiesa di Santa Maria in Campagna da cui, nel 1095, durante il
concilio di Piacenza, papa Urbano II avrebbe preso la decisione di
indire la prima crociata per la riconquista di Gerusalemme.
Piacenza, insomma, è ancora una cittadina “a misura d'uomo” che
è possibile visitare comodamente a piedi in una giornata, magari
soffermandosi, per il pranzo, in una delle numerose trattorie in cui
è possibile degustare piatti tipici del territorio.
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