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lunedì 31 luglio 2017

La stanza profonda di Vanni Santoni

 Libro candidato finalista al premio Strega 2017, La stanza profonda narra le trasformazioni sociali e culturali della provincia italiana degli ultimi vent'anni.
In estrema sintesi, il protagonista torna nella sua casa d'infanzia, una villetta nella campagna toscana, e riscoprendo “la stanza profonda”, cioè la tavernetta accanto al garage dove assieme ai suoi amici giocava ai giochi di ruolo, si trova a ricordare e riflettere sui momenti della sua adolescenza e giovinezza.
La lezione del libro è profondamente amara, poiché, alla fine il protagonista constata le enormi differenze e divisioni che si sono aperte nel tessuto sociale e fra gli amici di un tempo. Se per loro la fuga dalla realtà era solamente ritrovarsi assieme e utilizzare la propria fantasia per creare mondi, oggi queste evasioni sono solitarie e virtuali e, talvolta, molto più pericolose.

La stanza profonda del titolo è uno spazio, non solo fisico, ma anche metafisico, che tiene uniti gli amici e trattiene la loro giovinezza, quasi come si se si trattasse di una dimensione senza tempo; una volta smessi per sempre i panni dei giocatori di ruolo, tutti si accorgono dei vent'anni trascorsi e quasi si scoprono estranei gli uni agli altri.



Sebbene sia un libro molto convincente dal punto di vista narrativo, credo che non sia fruibile da tutti i lettori.
La stanza profonda “parla” soprattutto alla generazione di chi è nato tra la metà degli anni Settanta e gli anni Novanta ed in particolar modo a chi, almeno una volta nella sua giovinezza, ha provato a giocare a giochi di ruolo.
Incomprensibili, altrimenti, risultano le espressioni tipo “dado d20”, “incantesimo di protezione”, “librogame”, “master”.

Nel libro, infatti, vengono citati diversi cartoni, giocattoli e videogame che hanno caratterizzato le estati della mia infanzia e giovinezza.
Per chi non ha avuto 13 - 15 anni negli anni Novanta è difficile comprendere la novità che ha rappresentato per noi il fatto di passare ore con la fantasia, una matita ed un paio di dadi negli universi paralleli dei librigame, riuscendo a decidere davvero “la nostra avventura”.
Ve ne erano di diverse serie, con ambientazioni che spaziavano da lande desolate a mondi fantascientifici, anche se la maggior parte descrivevano un medioevo popolato da mostri, maghi ed elfi.




In quel periodo, inoltre, uscirono anche diversi giochi da tavolo ispirati, più o meno, ai mondi fantasy descritti da Tolkien nei suoi libri. Ricordo in particolare HeroQuest, che mi fu regalato per un Natale e che tutt'oggi conservo (completo di tutti i pezzi!). Era semplicemente un tabellone con disegnate alcune stanze ( appartenenti ad un imprecisato sotterraneo) che potevano essere arredate dal Master con vari elementi (ad esempio armature, tavoli etc..) ed in cui i protagonisti del gioco dovevano compiere delle missioni, ovviamente ostacolati dal Master e dal suo esercito di Goblin, Orchi e Non-morti.
Insomma, una versione semplificata di Dungeons & Dragons.




Poi iniziarono i videogame che diventarono via via sempre più simili alla realtà. Ora si può davvero partecipare alle diverse avventure di barbari, maghi ed elfi, senza neanche compiere troppi sforzi d'immaginazione, eppure nulla potrà soppiantare l'ingenuo incanto che ci procuravano quei fogli e quei dadi.

domenica 30 luglio 2017

Una specialità: il Graukäse della Val Aurina

Il Graukäse (letteralmente “formaggio grigio”) è un tipico formaggio del Tirolo. 
Si trova principalmente nella Zillerltal e nella Valle Aurina, la valle italiana che con essa confina. E' un formaggio a base di latte inacidito, di conseguenza è possibile affermare che sia un tipo di alimento molto antico.

Nelle zone d'origine, il Graukäse, come del resto la maggior parte dei formaggi a coagulazione acida, è stato per secoli il prodotto secondario della lavorazione del burro, che era, invece, considerato un prodotto di gran lunga superiore rispetto ai formaggi magri.
Per meglio comprendere, però, cosa si intenda per coagulazione acida è necessaria una breve descrizione della prima fase del processo di caseificazione. 
Il principio della preparazione del formaggio si basa sulla separazione dell'acqua dal latte e sulla massa, più o meno compatta, che ne risulta. La sostanza base della massa caseosa è la caseina, il componente principale delle proteine del latte. 
Il primo passo nella produzione del formaggio è sempre il far rapprendere la caseina, cioè la coagulazione. Ciò può avvenire grazie all'acido lattico ed allora si ha la coagulazione acida oppure mediante l'aggiunta di caglio (coagulazione dolce o presamica).
La caseificazione acida, quindi si basa sul semplice utilizzo di latte magro cagliato. Attraverso il riscaldamento del latte inacidito l'acqua (cioè il siero) si separa dalle parti solide. Questa massa caseosa può essere consumata fresca oppure stagionata. (tra i formaggi a coagulazione acida si può citare anche il paneer indiano, di cui ho già parlato in un post dell'aprile 2017).

Il Graukäse deve il suo nome alle muffe grigio – blu che talvolta sono presenti sulla sua superficie. Inoltre questo formaggio mostra parecchie differenze nell'aspetto, nella consistenze ed anche nelle caratteristiche organolettiche a seconda della zona di produzione. Ad esempio nella zona dell'Oberinntal in Tirolo domina la tipologia compatta e ben matura, mentre invece nella zona dell'Unterinntal quella con il centro più friabile, la cosiddetta “tipologia dello Zillertal”.
In Val Pusteria ed in particolar modo nella Valle di Tures e Aurina si produce il Graukäse originario. Ogni contadino ed ogni malgaro ha la sua ricetta personale, per questo non vi è uno standard unico per il Graukäse della Val Aurina.



La ricetta base, comunque, è pressapoco la seguente.

Il latte di mucca crudo ed appena munto viene centrifugato dividendosi così in panna e latte magro. La panna sarà avviata alla produzione del burro, mentre il latte magro viene messo in un luogo caldo ad acidificare. I batteri lattici necessari sono in parte già presenti nel latte ed in parte provenienti dall'ambiente di lavorazione. Solitamente questo processo dura circa 2 – 3 giorni. 
La massa inacidita e coagulata viene fatta a pezzi e poi riscaldata lentamente. Con il riscaldamento lento la massa caseosa inizia a separarsi dal siero, affiora e si ammassa in superficie. 
Di solito le temperature di cottura del coagulo si aggirano attorno ai 45 – 55 ° C. 
Il coagulo, dopo circa 1 – 2 ore di riscaldamento viene messo in un telo per far sgocciolare il siero rimanente. 
Quando il coagulo è asciutto viene nuovamente spezzettato ed aromatizzato. 
In Val Aurina si aggiunge solo sale
Questa massa di formaggio fresco viene pressato nelle forme. 
Il corso della maturazione dipende in larghissima misura dalla compressione della massa nelle forme. Forme riempite senza esercitare troppa pressione ed in cui l'ossigeno dell'aria può penetrare più o meno in tutta la pasta maturano in modo omogeneo e produrranno il Graukäse considerato compatto e gelatinoso. 
Se invece la massa viene pressata con forza nella forma così da impedire che l'ossigeno possa raggiungere il centro della pasta, allora maturerà lentamente e solo all'esterno. 
La parte interna risulterà più o meno friabile e di sapore acidulo
Dopo alcuni giorni il Graukäse viene tolto dalla forma e continua la maturazione su di un asse o a temperatura ambiente o al fresco di cantine. 
Solitamente il tempo di stagionatura va da due settimane (tipo compatto) ad alcuni mesi (tipo friabile).

Il Graukäse può avere una sottile crosta oppure esserne privo. All'esterno il sapore varia dal giallognolo fino ad arrivare a toni marrone – grigi. 
Il tipo compatto mostra questo colore anche all'interno. 
Il tipo friabile, generalmente, all'interno è bianco opaco, ci sono però anche vie di mezzo che, a causa di una maturazione interna irregolare, mostrano una colorazione marmorizzata.
La consistenza interna varia a seconda delle tipologie e va da maturo e compatto a friabile e granuloso. 
Anche il sapore varia molto a secondo della tipologia e del grado di maturazione e va dal delicatamente acidulo fino al molto saporito e con un profumo deciso.

Questo formaggio così diverso da tipologia a tipologia offe moltissime ed inaspettate possibilità in ambito culinario.
Oggi, però, fornirò di seguito la ricetta classica per gustare il Graukäse.

Il classico Graukäse

Dosi per 4 persone

400 gr Graukäse (la tipologia che preferite)
1 cipolla bianca o rossa
sale
pepe
olio extravergine d'oliva

Tagliare il Graukäse a fette (spessore medio) e disporle sul piatto. 
Affettare la cipolla sottilmente e spargere gli anelli sul Graukäse. 
Aromatizzare con sale e pepe. 
Aggiungere un filo di olio extravergine d'oliva e servire.




Solitamente, per essere sicuro di non avere una cipolla troppo acida, metto gli anelli di cipolla appena affettati in una ciotola e li sciacquo un paio di volte con acqua fredda. 

mercoledì 12 luglio 2017

Biscotti ai fiocchi d'avena e semi di finocchio confettati aromatizzati al rum

Ogni volta che cucino i biscotti con i cereali, di cui avevo già indicato al ricetta in un mio precedente post(Biscotti per utilizzare i tuorli avanzati - marzo 2017), spariscono in un baleno.

Solitamente dopo aver ripetuto per un po' sempre la stessa ricetta mi vengono in mente varianti nuove.
Oggi ho pensato di dare a questi biscotti un sapore lievemente differente e molto più marcato.
Aprendo la dispensa ho notato che avevo ancora un vasettino di semi di finocchio confettati.
I semi di finocchio confettati, vengono utilizzati in alcune preparazioni di dolci liguri ed ovviamente conferiscono una nota speziata nonché croccante al dolce.
Il loro sapore è piuttosto dolce e ricorda quello dell'anice, per questo a volte vengono anche denominati anicini. Per non creare confusione con gli omonimi biscotti, io preferisco chiamarli semi di finocchio.
Inoltre sono ricoperti di zucchero colorato, di conseguenza danno anche una nota multicolore al dolce.

Questo tipo di biscotti sono molto gustosi poichè hanno diverse consistenze; i fiocchi d'avena e i semi di finocchio donano infatti una croccantezza assai piacevole al palato ben bilanciata dalla morbidezza dell'impasto di burro.




Biscotti con fiocchi d'avena e semi di finocchio aromatizzati al rum.

Dosi per circa 20 biscotti

200 gr farina 0
100 gr zucchero
90 gr burro a temperatura ambiente
2 tuorli d'uova
16 gr lievito per dolci
60 gr circa fiocchi avena
10 gr circa semi di finocchio confettati
1 bicchierino di rum


In una planetaria lavorare il burro a temperatura ambiente con lo zucchero. Aggiungere i tuorli delle uova e mescolare fino a quando non si ottiene un composto abbastanza omogeneo. Aggiungere la farina ed il lievito setacciati e mescolare per circa 4 – 5 minuti. Unire il bicchierino di rum. Aggiungere i fiocchi d'avena, i semi di finocchio confettati e mescolare per altri 5 minuti.
Si dovrà ottenere un impasto morbido ma che non si attacchi alle mani.
Formare delle palline di impasto, schiacciarle lievemente e porle su una placca da forno rivestita con carta da forno.



Far cuocere in forno ventilato preriscaldato a 180° per circa 10 – 15 minuti.
Lasciarle raffreddare prima di mangiarle, per gustare al meglio tutti i sapori e gli aromi.

mercoledì 5 luglio 2017

Spaghetti con alici marinate e zucchine

Questa è una ricetta di pasta che ho improvvisato oggi per non sprecare delle acciughe marinate che avevo avanzato da una cena con amici.

Può essere servita sia calda che fredda, anzi, l'ultima opzione probabilmente è preferibile poichè se ne apprezzano maggiormente i profumi.



Spaghetti alle alici marinate e zucchine

Dosi per 2 persone

250 gr spaghetti
4 – 5 zucchine piccole
200 gr alici marinate con vino ed aceto (vedi post precedente)
1 cipolla di Tropea
mezzo cucchiaino di curcuma in polvere
mezzo bicchiere di vino bianco secco
olio extravergine d'oliva
sale
pepe
pecorino romano stagionato
basilico

In un saltapasta far imbiondire con olio extravergine d'oliva un cipolla di Tropea tritata finemente.
Spuntare e lavare sotto acqua corrente le zucchine senza togliere la pelle. Tagliarle a listarelle sottili oppure a rondelle. Mettere le zucchine nel saltapasta, regolare di sale e pepe e far saltare a fuoco vivo per circa 3 – 4 minuti.
Sfumare con il vino bianco ed aggiungere la curcuma in polvere. Lasciare cuocere per altri 3 minuti circa.
Scolare la pasta al dente, metterla nel saltapasta con le acciughe scolate dalla marinatura e lasciare insaporire per un paio di minuti.
Servire nei piatti e completare con pecorino romano stagionato, una foglia di basilico e un filo d'olio extravergine a crudo.


Se si vuole servire il piatto freddo il pecorino stagionato non è necessario.

Acciughe marinate con vino ed aceto: e l'antipasto è servito

Oggi voglio parlare di una ricetta che, seppur sia di una facilità di esecuzione impressionante, riscuote sempre successo durante le cene con gli amici.
Sto parlando delle acciughe marinate con vino ed aceto

E' un antipasto che si serve freddo: adattissimo, quindi, alle serate estive.
Inoltre può essere la base di partenza per tanti altri piatti quali paste o secondi.



Acciughe marinate con vino ed aceto

Dosi per 4 persone

500 gr acciughe freschissime
mezzo bicchiere aceto di vino bianco
1 bicchiere vino bianco secco
sale q.b.
pepe q.b.
olio extravergine d'oliva
1 limone biologico
2 pomodorini secchi (facoltativo)

Pulire la acciughe, disliscarle ed aprirle a libro. Sciacquare i pesci velocemente sotto acqua corrente e tamponarli con carta assorbente per eliminare l'acqua in eccesso.
Mescolare in una ciotola l'aceto ed il vino.
Porre i filetti di acciuga una accanto all'altro in una pirofila di vetro con la parte della pelle rivolta verso il basso formando uno strato. Condire con sale, pepe e la miscela di vino ed aceto. 
Formare successivi strati fino ad esaurimento degli ingredienti.

Lasciare riposare nella marinatura al fresco per almeno 3 – 4 ore.

Trascorso tale tempo, scolare ed adagiare i filetti di acciuga sul piatto di portata.
Spremere il succo da un limone biologico, avendo cura di conservarne anche la buccia. 
Annaffiare le acciughe con il succo di limone.
Condire con olio extravergine d'oliva a crudo, listarelle di buccia di limone e di pomodorini secchi.
Servire in tavola.


martedì 4 luglio 2017

Il Santo patrono di Piacenza: Sant'Antonino Martire di Piacenza

 Il 4 luglio a Piacenza si celebra solennemente la festa del patrono della città: Sant'Antonino di Piacenza.

Le notizie su Sant’Antonino martire sono poche ed incerte.
Secondo la tradizione, Antonino sarebbe nato a Piacenza nell’anno 270 dopo Cristo. Non tutte le fonti, però, concordano su questo dato.
E' comunque indubitata l'esistenza di Antonino di Piacenza, già ricordato da Vittricio di Rouen nel suo De laude Sanctorum della fine del sec. IV, e nel Martirologio Geronimiano, che cita il santo alla data del 30 settembre (probabile data di nascita).
Incerte storicamente, invece, sono le circostanze della vita di Antonino.



Si narra che fosse un giovane proveniente da famiglia benestante e che si arruolò nella Legione tebea, un reparto di soldati romani apertamente cristiani.
I legionari, infatti, quando erano liberi dagli impegni militari, si dedicavano alla predicazione del
Vangelo. I due imperatori dell’epoca, Diocleziano e Massimiano, venuti a conoscenza di ciò, decisero di obbligare i soldati a convertirsi al paganesimo, ma i legionari rifiutarono di abiurare la loro fede. L'imperatore Massimiano, allora, ordinò lo sterminio completo della Legione. Molto probabilmente Antonino riuscì a scampare al massacro e ritornò nella città di Piacenza dove continuò la suo opera di evangelizzazione.
La sua attività attirò sempre più le ire dell'imperatore, che decise, infine, di ucciderlo.
Il 4 luglio 303, a Travo, nei pressi del fiume Trebbia, Antonino venne catturato dagli inviati imperiali e, poiché, nonostante le torture subite, egli non intendeva abiurare la fede cristiana, i suoi aguzzini lo uccisero mediante decapitazione. Il suo corpo venne gettato nel fiume Trebbia.
La leggenda narra che il sangue del martire si congelò sopra le onde, e fu raccolto da due angeli, che lo deposero sopra una barchetta, assieme al capo. Gli angeli guidarono la barca verso la città, fino alla casa di Festo, un amico di Antonino. L’uomo, avvertito in sogno, recuperò gli altri resti del martire e li seppellì sotto la propria casa.



Il ritrovamento delle sue reliquie (sec. IV), ad opera di S. Savino, vescovo di Piacenza, è tramandato, anche'esso in un alone di leggenda; ma innumeri privilegi nel corso del Medioevo confermano l'esistenza e il culto di esse.
Ricognizioni delle reliquie furono compiute dai vescovi Sigifredo (verso il 1000), Malabaila (1510), Bernardino Scotti (1562), Paolo Burali d'Arezzo (1569), Claudio Rangoni (1615) e, infine, va ricordata quella accuratissima compiuta nel 1878-79 dal servo di Dio, mons. Giovanni Battista Scalabrini.


Il più antico libro che documenta la vita del santo, conservato nell'Archivio della basilica di S. Antonino in Piacenza, è il Gesta Sanctorum Antonini, Victoris, Opilii et Gregorii PP. X, che risale alla fine del IX o agli inizi del X sec., e che narra abbastanza sobriamente la storia della sua vita e delle sue reliquie.
Altre notizie, seppur alquanto improntate da un'aurea di leggenda, possono essere reperite nella Vita di Sant'Antonino Martire, protettore di Piacenza, uno dei santi soldati Thebei, edito in Piacenza nel 1603 da Pietro Maria Campi un canonico della basilica.




Il culto di Sant'Antonino martire è, comunque, antichissimo; è attestato già nel secolo che ne segue la morte, è sempre stato ed è tuttora assai vivo nella città e nella diocesi di Piacenza, che lo ha scelto come patrono assieme a S. Giustina, consacrandogli la prima cattedrale, la basilica di S. Antonino appunto, sorta nel sec. IV e dedicata a S. Vittore, e in seguito rifatta nei secc. IX e XI.



Inoltre, molte altre chiese della diocesi di Piacenza hanno Antonino come titolare.
Nella liturgia piacentina gli sono consacrate due feste: quella principale il 4 luglio, col rito di prima classe, e quella del 13 novembre, giorno della invenzione delle sue reliquie, con rito di seconda classe.

Per le celebrazioni del 4 luglio, in particolare, i reggenti del comune di Piacenza si recano ufficialmente nella basilica di S. Antonino portando due ceri quale omaggio della città al santo.